Nel corso del 2012 non è stato interrotto, come si era sperato, il processo di riduzione di investimenti, attenzione, aspettative per istruzione e cultura, che già aveva caratterizzato gli anni precedenti. Pur preso atto della grave crisi economica, non si può ignorare che nessun paese europeo sembra aver punito con tanta durezza quelli, che ogni paese civile giudica settori-chiave.
E’ un tema grande, su cui in molti riflettono, scrivono, agiscono, e che giudichiamo essenziale. Per questo il Progetto “Conoscenza, comunicazione, innovazione” mette in primo piano le idee emerse durante gli Stati generali della cultura, convocati a Roma al Teatro Eliseo dal Sole24ore qualche settimana fa, dalle cui pagine era stato già diffuso un Manifesto per la cultura, con adesioni e idee importanti. Singoli intellettuali, alcuni media, privati investitori si stanno facendo protagonisti di tentativi di andare oltre la denuncia del crollo, metaforico e non, di beni culturali, capisaldi della nazione, mentre si susseguono allarmi ripetuti da voci autorevoli, come quella di Salvatore Settis. Gli accenti della più alta carica dello Stato, nel suo intervento agli Stati generali, sono la più evidente prova di consapevolezza pubblica, e insieme un’assunzione di responsabilità statale di denuncia e richiesta senza precedenti.
Ma a guardare i concreti spazi di azione in cui si muovono istituzioni culturali e sistema d’istruzione, si osserva una distanza crescente tra ciò che si dice e si auspica e lo stato delle cose.
C’è un parallelismo perfetto tra declino della cultura e della scuola, con una peculiarità: le grandi metamorfosi del sistema d’istruzione annunciate dall’amministrazione scolastica in più occasioni. Si coglie dagli “annunci” un’attitudine a promuovere l’imitazione di quanto sembra segno e manifestazione di progresso, la rincorsa di tutte le innovazioni tecnologiche. Purtroppo mancano la meditazione e discussione sull’utilizzo pieno, ma non ingenuo degli strumenti della tecnologia, che sono indispensabili, ma richiedono un’analisi critica seria.
È attuale, non sappiamo prevederne la durata, un movimento di protesta di insegnanti, che lamentano bassi investimenti su educazione e istruzione, stato di abbandono delle strutture, perdita di peso culturale e sociale per loro stessi. Uno studio europeo – recente la sua diffusione anche in Italia – denuncia come principale segno dell’arretratezza del sistema italiano la difformità tra posizione e ruolo degli insegnanti italiani rispetto alla maggior parte dei colleghi europei. A queste condizioni, risulta difficile prevedere davvero innovazioni e crescita di efficacia del sistema. Insegnanti demotivati, privati di stimoli e sostegno per l’aggiornamento professionale, senza prospettive di avanzamento di carriera non sarebbero più la leva della sperimentazione, come in anni di speranza di riforme e di immagine positiva del mestiere di insegnante.
Ostinatamente l’ISGREC coltiva la speranza di rendere un servizio al sistema scolastico, continuando a far ricerca didattica e a portare a Grosseto proposte di aggiornamento, notizie di novità metodologiche e di contenuto, raccolte attraverso la sua rete di relazioni con istituzioni culturali ed esperti, in Italia e in Europa. La disciplina di cui ci si occupa è la storia, ma la scelta di sempre è quella di promuovere la pedagogia del laboratorio, il metodo interdisciplinare, l’attenzione per l’attualità in cui si muovono alunni e studenti. Il principio ispiratore si fonda su due idee: la prima è che c’è necessità di restituire intera agli insegnanti la dignità di un ruolo culturale e sociale; la seconda è contrastare gli argomenti e i fatti, che portano a definire gli studenti come “utenti”, i dirigenti “manager”, quasi la scuola fosse un qualsivoglia fornitore di servizi, non la chiave del futuro della nazione.
RISORSE:
- Due testi che rappresentano autorevoli messaggi in totale controtendenza. Sono stati ascoltati il 15 novembre a Roma, al Teatro Eliseo, agli Stati generali della Cultura:
>>>> intervento del presidente Giorgio Napolitano
>>>> intervento del Presidente Giuliano Amato
- Un commento a una ricerca sui sistemi scolastici europei, che mette in luce alcuni tra i mali maggiori del nostro sistema educativo